Oggi voglio raccontarvi Sant’Ivo alla Sapienza
Si tratta di un piccolo gioiellino di Roma, che in tanti abbiamo visto almeno una volta in foto. Il complesso della Sapienza, la cui prima sede era a Trastevere (venne spostata a Corso Rinascimento circa nel ‘500), era il primo complesso universitario della capitale. Lo “studium urbis” venne fondato nel 1303 da Papa Bonifacio VIII Caetani e la chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza era, di fatto, la cappella universitaria/di palazzo.
Inizio con una piccola nota storica per inquadrare la chiesa non solo dal punto di vista architettonico: Sant’Ivo è il patrono degli avvocati concistoriali e venne nominato santo perché mise la sua professione a servizio degli altri. L’affresco dietro l’altare, opera di Pietro da Cortona, ritrae proprio Sant’Ivo. La chiesa si trova sopra (i resti del)le Terme di Nerone ed è costruita con materiali poveri come stucco e mattoni: l’uso di questo tipo di materiali caratterizza molto il lavoro e le opere del Borromini (voleva far vedere come anche con questo tipo di materiali si potevano creare opere meravigliose). Al suo interno ritornano spessissimo simboli e rimandi a cultura, la religione e la sapienza (api, corone d’alloro e molto altro ancora). Sant’Ivo è opera del Borromini, il quale venne nominato architetto nel 1632 e ci vollero circa 30 anni per completarla. Inaugurata nel 1660, il problema maggiore che l’artista dovette fronteggiare era che la chiesa andava costruita nel chiostro e lo spazio a disposizione non era molto. Ma, a parte questo, il Borromini mette da subito in chiaro, anche questa volta, la sua bravura: già dalla facciata concava, che gioca molto sull’assenza di angoli, si capisce che è opera di una mano esperta. L’altare che vediamo oggi è successivo alla costruzione della chiesa, in quanto risale al
papato Odescalchi. Questo luogo non rappresenta solo maestria nel costruire edifici magnifici! Guardandosi intorno si nota come ritorni spesso la rappresentazione dell’ape: questo animale, oltre ad essere il simbolo della Famiglia Barberini, rappresenta anche l’operosità, la conoscenza e la sapienza (che ritorna sempre). Un’altro aspetto iconografico di Sant’Ivo è rappresentato dal numero tre: solo per fare un esempio, nella volta ci sono 111 stelle (1+1+1 fa tre). Non è abbastanza? E allora: Sant’Ivo alla Sapienza ha 12 nicchie, come i 12 apostoli.
Osservando bene sia l’interno che l’esterno della chiesa si nota come il Borromini riporti spesso il simbolo dei sei colli con la stella, che era il simbolo di Alessandro VII Chigi.
Questi “colli” sono i Monti dei Paschi di Siena: si, la banca venne fondata proprio dalla famiglia Chigi! Banchieri dei papi, diventarono una famiglia nobile grazie alla famiglia della Rovere che diede loro il titolo nobiliare. Infine, parlando dell’esterno, il portico come lo vediamo oggi prese forma alla fine del ‘500. All’epoca la chiesa doveva servire per messe e celebrazioni anche legate all’università La Sapienza, che fu università pontificia fino al 1870. Oggi Sant’Ivo alla Sapienza è la chiesa usata dal senato per cerimonie ufficiali.
Alcune informazioni utili
Non è semplice riuscire a vedere gli interni della chiesa, in quanto è solitamente chiusa. Visitarla è comunque possibile, grazie alle numerosissime visite guidate che vengono organizzate: la domenica in cui sono andata io c’erano circa 4 gruppi in visita (compreso quello di cui facevo parte io). Solitamente le visite vengono fatte la domenica mattina, con appuntamento tra le 9:30 e le 9:45 per entrare prima della messa (e mostrare l’interno ai partecipanti). Io ho prenotato il mio posto nel gruppo organizzato dall’associazione Sinopie, associazione che conoscevo grazie all’evento SkyTeam di Gennaio 2019.
NB: sembra che la domenica mattina, prima della messa, sia comunque possibile visitarla anche senza visita guidata.
Durata della visita: un’ora e venti circa (poco più, poco meno), tra interno, cortile e giro intorno all’edificio;
Costo: 10 euro a persona;
Prossime visite: vi consiglio di tenere d’occhio sia il sito di Sinopie che le visite organizzate dalle associazioni culturali romane.