Con l’arrivo delle belle giornate primaverili ho iniziato a fare qualche gita giornaliera, per esplorare luoghi facilmente raggiungibili da Roma. Il castello di Vulci, chiamato anche castello dell’abbadia (o della badia), l’ho scoperto cercando proprio una meta per una di queste gite: immerso nel verde del parco di Vulci e non lontano da Canino, ospita il museo archeologico di Vulci. Il castello dell’Abbadia, o di Vulci, che sorge nei pressi di Canino, in provincia di Viterbo, fu eretto per “controllare” quello che oggi viene chiamato ponte dell’arcobaleno o del diavolo (III sec. a.C.), di epoca etrusco-romana che passa sopra il fiume Fiora.
Il castello deve il suo nome all’abbazia benedettina, dedicata a san Mamiliano, originariamente ospitata nell’edificio. Sorgendo in una posizione strategica, tra Stato Pontificio e Granducato di Toscana e visto che si affacciava sul fiume e sul ponte (importanti arterie di traffico), il castello fu da sempre un edificio molto conteso: dal XII secolo fu sempre conteso tra gli Aldobrandeschi, Orvieto e i Prefetti di Vico e subì trasformazioni, da abbazia a castello fortificato dalla forma trapezoidale e con torre di vedetta.
Nel 1430 il castello diventò di proprietà di Ranuccio Farnese il Vecchio, nel 1513 divenne di proprietà (a vita) del cardinale Alessandro Farnese, futuro papa Paolo III, il quale ne modificò la struttura portandola a ciò che ancora oggi vediamo. Nel 1537 l’Abbadia fu inserita nel Ducato di Castro ed entrò a far parte rientrò nello Stato della Chiesa nel 1649, dopo la distruzione di Castro. Nel periodo napoleonico il castello fu assegnato a Luciano Bonaparte, per poi passare in mano ai Torlonia e, nel corso dell’Ottocento, diventò dogana pontificia. Infine, il complesso diventò dello Stato italiano diventando la sede del Museo Archeologico Nazionale di Vulci.
Lo scrittore inglese David Herbert Lawrence dà una penetrante descrizione del castello, in occasione di una visita alla fine del XIX secolo:
«A ridosso del ponte, da questa parte, è la nera costruzione del castello rovinato, con l’erba che spunta dall’orlo dei muri e dalla nera torre. Come il ponte è costruito con blocchi di tufo spugnoso, bruno-rossiccio, ma molto più quadrati. E c’è all’interno un vuoto tutto speciale, Il castello non è interamente in rovina, è una specie di casa rurale….»
Ho trovato l’allestimento molto ben fatto, i reperti ben sistemati e molte spiegazioni molto ben fatte.
La biglietteria si trova nel cortile interno, su cui affaccia anche la casa della custode, e le sale espositive si trovano al primo piano. Per salire ci sono sia le scale che l’ascensore: anche se la pavimentazione del cortile forse non è facilissima da percorrere, la struttura nuova dell’ascensore mi ha fatto pensare ad una certa attenzione anche verso chi non ha facilità di movimento.
Biglietto d’ingresso: 4 euro (3 il biglietto ridotto);
Parcheggio: c’è una larga area al di fuori del castello, non ci sono quindi problemi nel lasciare la macchina;
Durata della visita: meno di un’ora;