I libri di Giorgio Bettinelli sono ormai diventati un must tra le mie letture di viaggio
I racconti delle sue imprese mi portano, ogni volta, a fare tutti quei viaggi che vorrei fare e non ho ancora avuto il coraggio di fare e quei paesi che ancora non ho mai ho pensato di visitare durante i miei anni (vedi per eccessiva insicurezza o pericolosità del paese, o per troppe poche ferie). Oggi, per il nostro appuntamento mensile con la letteratura di viaggio, vi voglio parlare del libro “Rhapsody in black: In Vespa dall’Angola allo Yemen“. Parliamo di un viaggio che impegna tanto tempo, soprattutto (naturalmente) se si decide di farlo con una vespa: le disavventure sono ovviamente tante, diversi i paesi dal presente difficile che si attraversano, ma altrettante sono le “avventure” e i momenti che ti portano a riflettere e pensare alla tua vita (che consideri “normale”). Come sempre, l’autore racconta le sue avventure e disavventure; non mancano, ovviamente, i racconti riguardo le persone che incontra, gli hotel/ostelli dove si ferma per dormire e di come ha trovato diverse alcune città che aveva già visitato durante viaggi precedenti. L’autore ha passato tre anni e otto mesi in viaggio, per percorrere 144.000 chilometri tra Cile e Tasmania attraversando ben più di dieci paesi in totale: partendo dall’Angola e passando da Namibia, Botswana, Sudafrica, Lesotho, Swaziland, Mozambico, Zimbabwe, Malawi, Tanzania, Kenya, Etiopia e Gibuti, per completare un viaggio “circolare” dell’Africa che Bettinelli aveva iniziato in Marocco. Tra donne, vecchi amici e nuove conoscenze condite dalla storia (più o meno “bella”) dei paesi attraversati, il libro racconta l’avventura dell’autore dando al lettore una (prima) infarinatura di questi paesi e del minimo che c’è da sapere del loro presente e del loro passato.
Ammetto di essere rimasta colpita ed estremamente affascinata dal modo che Bettinelli aveva di costruire questi viaggi: vuoi un po’ perché erano tempi leggermente diversi da quelli attuali (con pericoli molto simili, però, in alcuni luoghi), un po’ perché ci vuole una “pazzia” che io non ho, è una modalità di viaggio che probabilmente continuerò a sognare senza mai mettere in pratica (purtroppo o per fortuna non lo saprei dire). Se vi consiglio di leggerlo? Direi di si. Nel complesso è un libro che scorre velocemente, che porta i lettori attraverso il racconto senza fatica.