Tutti noi abbiamo usato almeno una volta nella vita, soprattutto in viaggio, una cartina. Ma sicuramente in pochi ci siamo soffermati a pensare come, seguendo l’evoluzione del mondo e delle sue esigenze, le mappe (e le proiezioni usate per realizzarle) si sono evolute e modificate nel tempo. Il libro “La storia del mondo in dodici mappe”, scritto da Jerry Brotton, racconta come si è evoluto il disegno delle mappe attraverso 12 delle più importanti (realizzate in varie epoche).
L’autore parla delle mappe come descrizioni parziali e soggettive del mondo, anche strettamente legate al sistema di potere del paese in cui vengono realizzate: in tempi passati, attraverso le linee tracciate e gli stemmi delle famiglie regnanti, ogni mappa rappresentava il territorio anche a seconda di ciò che era più conveniente per l’eventuale committente. L’evoluzione delle conoscenze scientifiche ha ovviaente influito sull’evoluzione dei cartografi e geografi, i quali hanno riversato tutto nelle carte che andavano a disegnare. Ogni capitolo racconta una mappa, l’ambiente culturale e le circostanze in cui queste carte sono state create, dalla mappamundi di Hereford (XIV secolo) a Google Hearth.
Per me è stato un libro molto interessante, che mi ha portata a ragionare su un qualcosa che sono abituata ad usare senza farmi troppe domande: mappe e cartine fanno parte dei miei viaggi da sempre e mai prima di questo libro mi ero domandata come si è arrivati a quelle che oggi uso molto frequentemente. Mi sono resa conto, finito il libro, di aver capito solo una piccolissima parte quanto la vita “reale” influenzi ciò che le carte vorrebbero rappresentare in maniera reale ed oggettiva; mi sono poi domandata se questa rappresentazione parzialmente soggettiva e complessa va ad influenzare anche come io vedo i luoghi che visito oppure no.
Se volete uno spunto di riflessione, vi consiglio vivamente di leggere questo libro!
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